Azimut , 2010
Un titolo come Istruzioni per un addio potrebbe trarre in inganno. Se credete che il volume che avete sotto gli occhi contenga consigli su come lasciare oppure, su come reagire all'esser lasciati (tipo: andate in palestra, fate corso di cucina e amenità simili) vi sbagliate.
Luigi Romolo Carrino, dopo Pozzoromolo e sempre in questo 2010 pubblica Istruzioni per un addio, dodici storie crude dove l'abbandono (dell'altro, della storia, della violenza, dalla madre o la morte) è la chiave che sorregge 150 pagine.
Lo stile dell'autore penetra ogni parola e diviene fiume di immagini e suoni che parlano al ventre, sin dalle prime battute: ci sono giorni che non so cosa altro fare se non scorrere. Istruzioni per un addio sembra nascere dall'urgenza di far esplodere all'esterno esperienze e situazioni in cui l'abbandono è la condizione, le finestre sono sguardo e il salotto è prigione.
Dodici storie che non si concludono e sembrano voler vivere ancora sconfinando l'una nell'altra; entriamo e usciamo storditi dalle immagini che ora sono atroci e ora dolci come il bacio del proprio amato. Sono la pena che mi spande. La pena più grande e - ancora - Io sono quello che non si ottiene quello che sviene allo specchio restando in piedi .
Dirsi o darsi addio scatena uno stato di cose, atteggiamenti, pensieri e non pensieri, azioni e non azioni che per forza devono abbracciare il dolore, osservarne la lacerazione, una violenza che cerca il senso in ogni dove, affannata e desiderante. Pensieri, gesti, azioni, colori, suoni, odori: ogni elemento del quotidiano è filtrato e assorbito dal corpo lacerato.
Il quotidiano ricreato da Carrino è quello di tutti i giorni, non ci sono eroi o ville, solo una scarna normalità con palazzi ascensori e lavatrici dove si consuma la distruzione dell'armonia, anticamera della follia.
L'autore partenopeo si lascia leggere ed è doveroso rileggere le pieghe di pensieri vorticosi. Dopo tutto questo dolore, cosa rimane? forse un piccolo manifesto: Tutta questa finta malinconia, questo continuo cercare qualcos'altro che non è mai abbastanza, questo groviglio di atti mancati, è solo politica della bellezza.
Francesca Grispello
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