mercoledì 16 dicembre 2009

Pozzoromolo di L.R. Carrino


Meridiano Zero, 2009

Ci vuole del tempo, ma non troppo per poter riprendersi e trovare le parole adatte per esprimere ciò che lascia e ciò che nutre la lettura di Pozzoromolo, ultimo romanzo di Luigi Romolo Carrino, che abbiamo conosciuto con il fortunato Acqua Storta.

Meridiano Zero
pubblica un racconto complesso che sfida colui che dal primo rigo è intrappolato dalla scrittura di Carrino: spezzata, sanguinante, viscerale, visionaria, cruda, sporca, ma soprattutto unica e nuova. In scena - perchè noi vediamo quel che accade - c'è una persona che non conosce il mondo se non attraverso il graffio, la ferita, l'esclusione, la violenza, la rinuncia e la disperata ricerca di amore disinteressato, c'è una persona rinchiusa in un ospedale psichiatrico per i crimini che ha commesso e solo la scrittura permette a quest'individuo di riannodare i fili di quel che ha vissuto.

La sua scrittura, i suoi ricordi smozzicati e invocati ci feriscono e ci partecipano. C'è la vita ospedaliera con i suoi ritmi che goccia a goccia rendono i giorni sempre uguali eppure diversi sia per il contenuto delle memorie di Gioia, sia per i farmaci che rendono un essere umano un vuoto involucro incapace di reagire alle visioni notturne con le quali dialoga e dalle quali non può difendersi perchè il suo corpo è legato ad un letto.

Le pareti bianche di giorno sono uno spazio osceno di notte dove la madre, il padre, il fratellino e la paura sono messi in questione con volontà immensa, una volontà di comprendere la colpa inflitta, che eccede lo spazio della narrazione e diviene un nucleo di identità che crolla sotto il peso della ragione.

Un'Italia, quella del terremoto degli anni '80 e un contesto umano degradato incapace di osservare e comprendere un gesto che non sia della belva, quella che non conosce verbo, ma che sa dire io. Quest'Italia non c'è più eppure insiste, le canzonette e una comunità agricola rara sono una delle cornici, dell'infanzia di Gioia. L'altra è la carne, perchè è come carne che esiste l'uomo, come tessuto aderisce all'altro e stampa sulla propria pelle e nel proprio animo le parole che non abbiamo ancora conosciuto.

I capitoli sono scanditi come mesi che si aprono con dei versi, parole che si trasformano in poesia, non ci sono nomi noti, ma persone vive come le parole che usano. L'intento letterario di Carrino è forte, non per la storia che racconta, perchè un fatto non è potente e non ti riguarda finchè non lo senti, e con Pozzoromolo la forza è nelle visioni che lo scrittore evoca. Perchè questa storia, ora, mi riguarda, mi gioca, mi mette in crisi, è anche la mia. Questa è la poesia che reclamo.

Francesca Grispello


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