lunedì 20 dicembre 2010

Unknown People dei Terrae

Folkclubethnosuoni/IRD 2010
 

Prepotentemente assistiamo alla voglia di mettersi in gioco di band siciliane, che a vario titolo e sotto diverse etichette, si confrontano con la propria terra e le proprie esperienze, facendo risaltare in ambito musicale il meglio.
La Sicilia è un isola, è un triangolo potente di energia, hanno arricchito quest'isola i greci, gli arabi i normanni e i Terrae con il loro secondo disco Unknown People elevano la geografia e la storia senza risultare stantii e soprattutto senza stereotipi. Penso ai Mandara, agli Isola e ai Zezi.
I Terrae attivi dal 2003 non propongono spensieratezze, ma un profondo senso di riflessione, il disco è un concept dedicato a "tutti coloro che in settecento anni di storia siciliana hanno lottato per la libertà, la giustizia e la verità e sono stati esclusi dalla storia ufficiale e dalla memoria collettiva”. 
Donne, uomini, lavoratori, anziani, bambini e luoghi.

Un progetto è composto con brani di ricerca sui canti siciliani tradizionali, su composizioni originali e inserti di elettronica. I Terrae consapevoli che anche la lingua è musica, usano non solo il siciliano, ma  lo spagnolo (La vida breve -dedicata alla guerra civile spagnola), l'inglese (Unknown People), il francese (Ciciri francisi sulla cacciata degli angioini). 

Il disco si apre con l'omaggio allo storico gruppo Taberna Mylaensis, i Terrae ne arrangiano i due primi brani Coru di carcerati e Cantu di carcerati. I toni sono ardenti, appassionati e toccanti, il canto, invece, è più vivace quasi scaramantico.
Si continua con Inestra russa dedicata alla tragedia di Portella delle Ginestre, una mescla tra occidente e oriente ben calibrata. Grave è Quanntu basinicò soprattutto per l'elettronica e l'interpretazione di Simona Di Gregorio.   
Un divertissement in chiave blues Attenzione Attenzione! a scongiurare la repressione, C'è cu cci pensa sulla corruzione e la libertà. Splendida Marì, canto di inizio '900 della tonnara di San Giorgio di Messina. Intima e coinvolgente Si Ddiu pisci finu mi facissi, dilatata e onirica. L'ascolto del disco cresce nel suo massimo con la titletrack, costruita con il coro di voci bianche e cantata da Paolo Livoti a ricordare certe elaborazioni sonore di Nitin Sawhney.
Nell'ascoltare questo progetto si ha la sensazione di essere avvolti da qualcosa si sacro e prezioso grazie alla costruzione di un folk ricco di colori e interventi che prende il ventre.

Francesca Grispello


I Terrae:

Antonio Livoti: chitarre, programmazione, voce
Cesare Frisina: violino, voce
Francesco Di Stasio: contrabasso, voce
Giorgio Rizzo: percussioni, elettronica, voce

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