Maestro della logica dell'assurdo, Jean Baudrillard ci lascia sempre stupiti della sua capacità di condensare con chiarezza e lucidità estrema le sue tesi sull'ambiente dell'uomo, sulle sue proiezioni e sul come agisce questo animale in via di estinzione.
Unico animale, l'uomo è stato capace di inventarsi un modo di vivere contrario alla legge di natura, un metodo di sparizione che si nutre del potere.
Nel tempo di pace nel quale si dice che viviamo e in questa sfiancante lotta tra il bene e il male, Baudrillard prende il mano l'immagine delle torri gemelle in fiamme e ci conduce nell'osceno tempo del bene assoluto, acritico e incapace di elaborare l'altra parte della scena, il male che se non affrontato con gli strumenti del buon senso, finisce per lavorare al di sotto della paura alimentando lo spettacolo del terrore.
La realtà e il suo valore spariscono dietro la violenza che l'immagine evoca, ma non dice. Il contagio del terrore quindi, è del tutto virtuale come l'esistere che smette di vedere la sua trascendenza immergendosi nella sua dissoluzione e come un Narciso postmoderno muore, ma senza saperlo.
Il tempo del sacrificio vede in fiamme, non solo due torri ma l'intera ragione. Nè la politica o la realtà sono più in questo gioco, ma la fine di quella materia prima che non fece l'uomo per viver come bruto.
Allora largo al carnevale del potere, che non possiede il naso rosso, ma una distorsione semiancestrale e di ritorno cannibale. Non un multiculturalismo, ma una pornografia guerrafondaia che si serve della sovraesposizione della miseria umana per pubblicizzare quella stessa idea del bene e del male che non dice più nulla. La fine dell'istante.
E' intitolato "L'agonia del potere" un testo che raccoglie i due ultimi interventi del filosofo, scomparso nel 2007; il primo, omonimo e il secondo "Violenza dell'immagine. Violenza contro l'immagine". La casa editrice Mimesis, con la Collana Volti omaggia uno dei più importanti teorici e critici della postmodernità. Dopo Roland Barthes, Guy Debord, Marshall McLuhan, Michel Foucault e pochi altri, un maestro ineludibile. Piene di affetto e di competenza l'introduzione di Jorge Lozano e la postfazione di Alberto Abbruzzese. Un testo denso di rimandi che fa abbassare il capo e lo sguardo verso le vuote nostre mani.
Francesca Grispello
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